“L’11 luglio alle 3 del mattino il fuoco nemico d’artiglieria divenne tambureggiante, quanto non era stato mai in questa zona. D’improvviso un potentissimo crack, uno spaventoso rimbombo; nello stesso istante parve che la terra tremasse. Era il Castelletto che saltava. Massi volarono fin sulle rocce del Grande Lagazuoi; si videro da lontano la sella del Castelletto e le sue torri Sud balzare su tra le fiamme, e parve che tutta la parete rocciosa si inclinasse. Sul Castelletto l’azione dell’esplosivo fu potentissima. La forcella saltò in aria, le torri Sud scomparvero. Tutto venne sconvolto, e le baracche insieme. Nella baracca del comandante (in sito riparato) le corde che fissavano le travi incisero queste per 20cm di spessore. Cadaveri sfracellati furono scaraventati lontano con le pietre. Le perdite umane, per le misure predisposte, non furono relativamente grandi. E minori sarebbero state se 20 uomini contrariamente agli ordini, non avessero cercato riparo in una baracca vicino alla sella. Quei 20 furono tutti sfracellati, e insieme altri 6 che erano in quel momento per via. Del rimanente presidio la parte maggiore fu asfissiata dai gas. Per fortuna i più si rimisero presto e si dileguarono.”
Scritto di Von Raschin, Comandante del Settore austriaco della Val Travenanzes
Nonostante oggi il Castelletto sia conosciuto fra i climber per le sue brevi vie plasir ed a spit, non va dimenticato che durante la Grande Guerra le sue rocce furono teatro d’orrore. Nello specifico si ricorda la colossale esplosione organizzata dal comando italiano, ove fecero la loro parte anche alcuni “alpinisti” che aiutarono i soldati a preparare il terreno per il grande scoppio. La mina, con le sue 35 tonnellate di gelatina esplosiva, fu sette volte più potente di quella che sconvolse la cima del Col di Lana, e fu fatta brillare nella notte del 11 luglio 1916. Si pensi che l’occupazione dell’ormai ex postazione austriaca fu ritardata di 44 ore a causa dei continui crolli secondari e dell’aria nella galleria d’accesso, che rimase irrespirabile per ben due giorni.
La parete del Castelletto dovette aspettare che passasse anche la seconda Guerra, prima che qualcuno aprisse una via d’arrampicata.
Lo spigolo Nord-ovest, più conosciuto come “Sperone Ghedina”, è una via breve, divertente e poco impegnativa, adatta alle mezze giornate o in caso di tempo incerto. La roccia risulta essere abbastanza ripulita, nel complesso buona. La chiodatura è essenziale, le soste sono tutte attrezzate e sul tiro chiave sono presenti chiodi sui passaggi più difficili.
Necessaria una scelta di protezioni veloci. L’uscita è in comune con una recente via a spit. Discesa rapida.
Primi salitori: L. Ghedina, E. Monti, M. Zardini, 21 settembre 1947
gruppo TofanedifficoltàIV+, pp. di VI-sviluppo235 mtquota max2.656tempomax 3hcartografiaTabacco 03data30/09/17
Salendo da Cortina si oltrepassa la strada per il Rifugio Dibona ed un successivo spiazzo con cartelli di sentiero. Al successivo parcheggio, dove c’è anche un edificio con fontana, si parcheggia. Con sentiero ben segnalato si sale alla Forcella Col dei Bos. Conviene raggiungere la vera e propria forcella, oltre le deviazioni per la Galleria del Castelletto. Si seguono delle trincee e opere di guerra, in direzione della parete, che si raggiunge infine per ghiaione.
Tempo – Poco più di 1h dal parcheggio
Rimandiamo all’ottima relazione di IV Grado. Ottimo anche lo schizzo di Bernardi.
Tempo – 2h e 30′ – 3h
Dall’ultima esposta sosta a spit conviene iniziare la discesa.! Con una calata da 40m, seguendo una via a spit, si raggiunge una comoda cengia. Qui finiscono già le difficoltà. Si traversa per traccia in direzione della forcella che divide il Castelletto dalla Tofana, quindi si scende per il largo ghiaione a sx (nord). Alcuni semplici tratti attrezzati riportano alle ghiaie sotto alla parete, prossimi all’attacco.
NDA + una serie di friend e qualche dado